Categoria: Disagio urbano

Il razzismo. Quello bello!

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Sezione: Disagio urbano

E’ una gelida sera invernale.

Io e l’amico Crauto ci aggiriamo svogliatamente e improduttivamente per il centro di Firenze, sorseggiando due birre in plastica, in quel malinconico stato mentale di quando non sei uscito perché avevi voglia di uscire ma perché non avevi voglia di stare in casa.

Le strade sono quasi deserte, giacché il glaciale vento che serpeggia per i vicoli fiorentini ha contribuito ad annientare la già parca movida del lunedì sera. In piazza Santa Croce sono assenti persino gli spacciatori.

Il caso vuole che il nostro ramingo e pigro peregrinare ci conduca di fronte ad uno storico locale ormai in decadenza. In passato è stato un nome di punta nelle notti fiorentine ma oggi ciò che resta degli antichi fasti è un lercio cacatoio sito in una delle peggiori e malfrequentate vie del centro, gestito da uno staff improvvisato e quasi completamente privo di una clientela abituale, fatta eccezione per qualche spurgo sociale a scelta tra tra tossici, spacciatori, albanesi o magrebini in cerca di brighe e disagiati vari.

Normalmente lo eviteremmo come il banchino di quegli stronzi che ti chiedono la firma contro la droga, ma il fato vuole che questa sera sia evidentemente strapieno, che il resto della città sia deserto e che ciò attiri inevitabilmente la nostra curiosità.

Come ci avviciniamo all’ingresso, ci si para davanti un buttafuori: un energumeno africano di due metri che mugugna suoni gutturali. Leggi tutto »

Lunga storia triste

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Sezione: Disagio urbano

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E’ l’inizio di maggio, mi sono appena lasciato e finisco con un amico ad una festa universitaria a Firenze. Bevo come una spugna, probabilmente mi drogo pure, do di fuori di brutto, rimorchio una tipa e finisco a casa sua a scoparmela in ogni orifizio. Mi ricordo veramente poco di quella sera, per cui immagino vorrete perdonare la pochezza narrativa di queste righe introduttive.

Fatto sta che il giorno dopo mi sveglio a letto in una casa sconosciuta, con la vescica che mi scoppia e dei terribili postumi: nausea e conati, testa che rimbomba, occhi che pulsano e incrostati di cispa, visto che la sera prima non mi sono certo curato di togliermi le lenti a contatto. Me la prendo col Cristo e la sua mammina santa per quanto faccio schifo, mi alzo sui gomiti e cerco di rimettere insieme le idee, trattenendo al contempo gli infernali conati che mi assaltano.

Mi guardo intorno ancora assonnato. La stanza è un napolaio di prim’ordine: niente mensole e tutto quello che normalmente dovrebbe starci sopra (libri, dischi, ecc) è appoggiato a terra, vari scatoloni di cartone sembrano sopperire all’insufficienza del piccolo armadio e, in generale, roba rammontata ovunque. Sulla parete fa bella mostra di sè un poster di Bob Marley e l’aria è densa di uno strano indefinito fetore, come di mozziconi vecchi, cane bagnato e cassonetto al sole.

Ho un brivido. Che razza di troll può abitare questa spelonca? Leggi tutto »

Cinque uomini, un cadavere e un cazzo in mano: dramma in 4 atti

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Sezione: Disagio urbano

Era qualche anno fa. Il sottoscritto studiava all’università e tirava su due soldi facendo quello che capitava. In quel periodo lavoravo per un’impresa di pompe funebri: vestire i morti, chiuderli nella bara, portarli in chiesa e al cimitero, fingerti empatico con i parenti, assecondare le loro richieste del cazzo, che non sia mai che il morto ci resti male… quelle cose lì, insomma.

Fu una grigia e piovosa mattina di autunno che io e compari venimmo spediti ad un funerale, nella rupestre e rurale campagna a nord di Prato. L’allegra quando malaugurata armata Brancaleone era composta, oltre a me, da:

  • Pasquale: un lardoso terrone dalla non meglio precisata provenienza, stupido e ignorante come le bestie. Nonostante vivesse in Toscana da più di 30 anni, si esprimeva esclusivamente in quella inascoltabile mistura di indefinito terronide e pratese, tipica degli emigrati che non hanno mai imparato l’italiano, nè a casa loro nè qui.
  • Christian: un tossico talmente rincoglionito da cocaina e pasticche da sembrare più un handicappato mentale che un drogato. Aveva ottenuto il lavoro grazie all’intercessione di qualcuno dei servizi sociali, per la gioia dei suoi familiari, visto che quando non aveva i soldi si vendeva qualunque cosa trovasse in casa per pagarsi la droga. Di nobili natali: la madre era una vecchia mignotta locale e il padre un catanese che faceva i portafogli sul 20.
  • Leonardo: un segaligno e attempato frocione che somigliava a don Diego de la Vega con 30 anni in più. Spocchioso, supponente e con la toscanissima abitudine a non prendere nulla sul serio e a sfottere il prossima ad ogni occasione. Un mito!
  • Mbaye: un bravo ragazzo senegalese, il più serio e affidabile del gruppo, ma soverchiato dal preponderante disagio.

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Il regalo del cinese

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Sezione: Disagio urbano

Cari degenerati, buonasera. La seguente tragica storia di vita vissuta fu scritta dal sottoscritto e inviata alla pagina Facebook di Laydo, per essere inserita tra i racconti dei lettori. Vista l’ennesima chiusura della pagina e la mia conoscenza diretta con uno degli admin di questo sito di merda, eccovela qua, rivista e corretta.

Dovete sapere che il sottoscritto faceva il portiere di notte in un sordido albergetto fuori città. Ci tengo a precisare che non sono uno di quei diti in culo con l’unghia rotta che commentavano sul blog firmandosi Eva Peres, Mago Otelma e loro compari.

Nonostante ciò credo che la situazione fosse più o meno simile alla loro. L’albergo è in periferia, su un nodo stradale molto percorso tra Firenze, Prato e Campi Bisenzio, e abbastanza a buon mercato, il che lo rende l’ideale per ragazzi che non vogliono scopare in macchina o, più facilmente, coppie clandestine e puttanieri con relativa mignotta. Alcuni anche abituali.

Uno dei suddetti puttanieri abituali era un cinese abbastanza danaroso che si presentava spesso con al seguito troiona variabile.

Arriviamo quindi alla sera in cui il suddetto muso giallo mi sbuca dalla porta, poco dopo mezzanotte, in compagnia della classica figa pseudo-loli asiatica che nei film porno non capisci mai se le piace o se si lamenta (ed è il suo bello).

Si avvicina la banco ridacchiando, ammiccando alla tipa e sputacchiando qua e là dalle esagerate fessure tra i suoi denti storti. Cioè quello che fa sempre. In ogni caso gli do le chiavi della sua camera preferita e mi rimetto tranquillamente a farmi i cazzi miei.

Estraggo da un cassetto l’autobiografia di Frank Zappa, mi sbraco sul divanetto e mi metto a leggere. Leggi tutto »

Le cronache di Pellizzaro – parte III

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Sezione: Disagio urbano

N.d.L: Quella che state per leggere è  la terza parte della raccolta delle avventure di Pellizzaro, una versione rivista e corretta di aneddoti originariamente scritti come commenti da un lettore, adesso diventato autore (prima e seconda parte).

 

 

 

 

Oggi pomeriggio i pellizzari hanno svuotato giù dalla finestra il contenuto della scopa elettrica, cioè polvere, peli, briciole, blatte, cazzo, merda e tutto ciò che puoi raccogliere su un pavimento che probabilmente viene pulito una volta ogni eclissi solare.

Per carità, nulla di diverso da ciò che hanno sempre fatto, se non fosse che stavolta nel cortile, proprio sotto la loro terrazza, c’era un condomino che stava verniciando le porte. Leggi tutto »

Le cronache di Pellizzaro – parte II

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Sezione: Disagio urbano

N.d.L: La seguente raccolta comprende la versione rivista e corretta di aneddoti originariamente scritti come commenti da un lettore, adesso diventato autore. Nel primo articolo potete leggere l’antefatto.

 

Nuova scenata di Pellizzaro raccontatami poco fa dal vicino della casa accanto.

Il caro Pellizzaro, essendo terrone, risulta ovviamente invalido e quindi ha il tagliando per gli appositi parcheggi, anche se ancora nessuno ha capito quale sia il suo handicap, a parte rassomigliare ad un grasso lumacone sfatto e ansimante.

Nel nostro condominio c’è una famiglia che si traferisce altrove e l’altro giorno c’era il camion della ditta che sta facendo il trasloco. Dovendo caricare, si sono piazzati proprio davanti all’ingresso, occupando in parte anche il parcheggio, non nominale ma che il buon Pellizzaro ritiene sua esclusiva proprietà privata.

Mentre se ne stanno lì a sfacchinare al caldo di agosto, arriva il mariuolo sulla sua vecchia classe A e comincia a suonare sguaiatamente perché si spostino.

Quando uno dei facchini si avvicina e gli chiede cosa voglia, il selvaggio comincia a inveire dicendo che lui deve parcheggiare e che loro gli stanno bloccando il posto.

Il facchino risponde educatamente che hanno occupato solo pochi centimetri della spazio oltre la riga  e che facendo due manovre ci può entrare comunque senza problemi, mentre loro col camion e la roba da caricare sarebbero un po’ in difficoltà a spostarsi altrove, ma Pellizzaro non sente ragioni e vuole che gli facciano posto.

Il facchino allora gli fa notare che poco più avanti e più indietro c’è un sacco di posto, visto che effettivamente siamo in pieno agosto e la strada è semideserta.

A quel punto Pellizzaro comincia ad urlare e a napoletaneggiare che il parcheggio è suo, che glielo devono liberare , che non c’è più rispetto per gli invalidi e gli farebbe provare cosa vuol dire essere al posto suo e altre cazzate del genere.

Vi prego di notare che la seguente scena è avvenuta tra un improduttivo fancazzista parassita finto invalido, seduto nella sua macchina col condizionatore acceso, e un facchino sudato intento a caricare mobili sotto il sole di agosto.

Il suddetto facchino allora perde le staffe e comincia a rispondergli quello che si merita, finchè non arriva un suo collega un po’ più furbo che si avvicina a Pellizzaro e gli fa “Buongiorno signore. Guardi… se non le riesce parcheggiare, se vuole possiamo parcheggiargliela noi.”

A quel punto Pellizzaro, punto nel vivo della sua terrona virilità, li manda a fare in culo, parte sgommando e non parcheggia nè lì, nè più avanti nella via. Semplicemente se ne va, urlando insulti e facendo rombare inutilmente il motore a testimonianza del suo essere un vero uomo.

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Le cronache di Pellizzaro – parte I

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Sezione: Disagio urbano

N.d.L: Il seguente racconto è la versione rivista e corretta di uno scritto originariamente postato da un lettore, sotto forma di commento ad un nostro articolo. Successivamente si è messo in contatto con noi e la sua prosa fresca e avvincente (ma soprattutto il fatto che i nostri autori siano ultimamente produttivi come un finto invalido di Secondigliano) ci ha convinto ad accoglierlo nello staff.

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Cari laydi, voglio narrarvi questa vicenduola.

Dovete sapere che nel mio condominio vivono dei napoletani, noti un po’ a tutti il quartiere per essere dei selvaggi poco inclini al viver civile. L’allegra famigliola di subumani comprende il padre fancazzista, la madre che somiglia ad una zingara e tre figli: un maschio analfabeta manovale/facchino/strusciamuri/sempreinmalattia, una femmina che studia al liceo (sembra l’unica sana della tribù) e poi c’è “la figghiola” [sic].

E’ virgolettato, perchè loro veramente la chiamano così, con l’articolo la, quasi che avesse un titolo preferenziale rispetto all’altra. Sì, lo so che figghiola è siciliano e non napoletano, ma che cazzo volete da me? Andate a lamentarvi con loro.

Titolo preferenziale una bella sega, in realtà, dato che, per qualche strano motivo partenopeo, mentre gli altri due figli conducono una vita abbasatanza normale, la figghiola non studia, non lavora e la tengono (tenevano) sempre chiusa in casa, lasciandola uscire solo per buttare lammunnizz e fare qualche compera nei negozi dei dintorni. La figghiola è brutta e sciatta quanto la madre, dimostra almeno 15 anni in più, parla quasi solo in napoletano, nonostante sia nata e cresciuta qui, ed è dura di cervello come le pigne verdi.

Fatto sta che, a forza di andare al bar latteria all’angolo, è entrata più o meno in intimità con Giuseppe, un altro napoletano che frequentava il baretto.

Questo Giuseppe è un personaggio veramente disgustoso: sempre al bar perchè non aveva un cazzo da fare tutto il giorno, siccome non aveva mai un soldo era sempre intento  a scroccare bevute, sigarette e spiccioli da giocare alle macchinette, sempre sudicio e maleodorante, ha una figlia da una mezza mongoloide delle case popolari, di cui si è sempre disinteressato e, ai tempi, aveva un furgone vecchio, scassato e fermo da una vita, in cui dormiva quando veniva cacciato dalla gente presso cui si accampava. Leggi tutto »