E’ una gelida sera invernale.
Io e l’amico Crauto ci aggiriamo svogliatamente e improduttivamente per il centro di Firenze, sorseggiando due birre in plastica, in quel malinconico stato mentale di quando non sei uscito perché avevi voglia di uscire ma perché non avevi voglia di stare in casa.
Le strade sono quasi deserte, giacché il glaciale vento che serpeggia per i vicoli fiorentini ha contribuito ad annientare la già parca movida del lunedì sera. In piazza Santa Croce sono assenti persino gli spacciatori.
Il caso vuole che il nostro ramingo e pigro peregrinare ci conduca di fronte ad uno storico locale ormai in decadenza. In passato è stato un nome di punta nelle notti fiorentine ma oggi ciò che resta degli antichi fasti è un lercio cacatoio sito in una delle peggiori e malfrequentate vie del centro, gestito da uno staff improvvisato e quasi completamente privo di una clientela abituale, fatta eccezione per qualche spurgo sociale a scelta tra tra tossici, spacciatori, albanesi o magrebini in cerca di brighe e disagiati vari.
Normalmente lo eviteremmo come il banchino di quegli stronzi che ti chiedono la firma contro la droga, ma il fato vuole che questa sera sia evidentemente strapieno, che il resto della città sia deserto e che ciò attiri inevitabilmente la nostra curiosità.
Come ci avviciniamo all’ingresso, ci si para davanti un buttafuori: un energumeno africano di due metri che mugugna suoni gutturali. Leggi tutto